Newsletter n.10 - I PIL e il Facilitatore del PIL
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Newsletter {10} | {5.7.2017} | www.colliesini.it | | ||
ProgrammaZIONE 2014-2020. PSR Marche - Misura 19 "Sostegno dello sviluppo locale LEADER"Più PIL per tutti.
Più PIL per tutti. Non si tratta della celebre promessa di Cetto la Qualunque ai suoi potenziali elettori, né dell’altrettanto celebre indicatore della crescita di una nazione, bensì di una cosa ancora poco conosciuta, ma decisamente importante ed innovativa sul fronte delle reti pubblico/private. I Progetti integrati locali (PIL), creature della nuova programmazione comunitaria 2014/2020, sono stati inseriti nel nuovo Programma di Sviluppo Rurale delle Marche per esaltare il principio di sviluppo condiviso e partecipato delle zone rurali. In particolare, saranno utili a favorire la condivisione di obiettivi comuni da parte delle pubbliche amministrazioni di un determinato ambito territoriale; a garantire un ruolo fondamentale ai cittadini, alle imprese e alle forme associative; ad incoraggiare una programmazione finalizzata, basata sulla coerenza dell’analisi dei fabbisogni con le relative strategie d’intervento.Questi Progetti sul territorio dovranno essere ancora costruiti (Bandi) ma l’impegno della Regione e dei 6 Gruppi di Azione Locale per giungere a questo traguardo è stato forte. L’anno scorso sono state fatte decine d’incontri di sensibilizzazione ed ascolto d’istituzioni, imprese e cittadini, tesi alla raccolta di informazioni inerenti ai punti di forza e di debolezza del contesto attualeprogrammazione finalizzata, basata sulla coerenza dell’analisi dei fabbisogni con le relative strategie d’intervento., permettendo così di definire una strategia condivisa di Sviluppo Locale (PSL) su tre ambiti: sviluppo dell’occupazione tramite il sostegno alle imprese ed i sistemi produttivi locali; la valorizzazione del territorio e dei suoi tematismi (ambientali, culturali, paesaggistici, manifatturieri) con finalità legate alla preservazione ed all’accoglienza; il miglioramento della qualità della vita delle comunità locali e dei relativi servizi. Nella Valli del Misa e del Nevola insistono due GAL: Esino Frasassi (Ostra, Ostra Vetere, Barbara, Arcevia e Serra de’ Conti); Flaminia Cesano (Trecastelli e Corinaldo). La dotazione finanziaria regionale complessiva 2014/2020 è di 60 milioni di euro distribuiti fra sei GAL. Come si progetta un PIL? Intanto, è necessaria una dimensione minima (almeno tre Comuni) sufficiente a raggiungere una massa critica di risorse umane e finanziarie da impiegare efficacemente nel progetto; ed una dimensione massima (max 500 Km² e 35.000 abitanti), che renda possibile una partecipazione reale e proficua dei cittadini e delle imprese del territorio alla progettazione, attuazione e monitoraggio dell’iniziativa. Si rende necessaria poi un’analisi dell’area prescelta (SWOT), interrogandosi su quali siano i punti di forza e di debolezza (fattori interni) e le minacce e le opportunità (fattori esterni) per quel territorio. Successivamente, si collegano i fabbisogni derivanti da problemi, carenze, disagi, disservizi, sprechi a specifici gruppi di cittadini, nell’interesse dei quali si realizza il PIL. Dalla lista dei fabbisogni se ne sceglieranno alcuni che tradotti in obiettivi concreti, misurabili e raggiungibili (Piano Azione) dovranno soddisfare esigenze di natura economica o sociale. Facciamo qualche esempio: - obiettivo di natura economica: aumento dell’occupazione nell’ambito della valorizzazione delle risorse ambientali e naturali; oppure, aumento dell’occupazione nell’ambito del turismo sostenibile basato sulla valorizzazione del territorio e dei suoi tematismi ambientali, culturali, paesaggistici; - obiettivo di natura sociale: aumento del numero di cittadini che hanno accesso ai servizi pubblici nuovi o migliorati. Insomma il PIL rappresenta veramente una grande opportunità per il contesto rurale a rischio di abbandono e di spopolamento a favore dei comuni rivieraschi. La strategia che è alla base è molto sfidante, perché poggia sulla partnership locale tra enti pubblici, soggetti privati e rappresentanti della società civile. In queste aree verrà praticato il metodo della programmazione dal basso o bottom up secondo la metodologia LEADER (Liaison entre Actions du Developpement de l’Economique Rurale). da Alberto Di Capua
Intervista sulla figura del “Facilitatore dei PILIntervista sulla figura del “Facilitatore dei PIL In un servizio precedente avevamo parlato di PIL (Progetti Integrati Locali), creature della nuova programmazione comunitaria che sono stati inserite nel nuovo Programma di Sviluppo Rurale delle Marche per esaltare il principio di sviluppo condiviso e partecipato delle zone rurali. Figura strategica del PIL è il Facilitatore, del quale parliamo con Carlo Montisci, Destination Manager, esperto in metodologie e processi partecipativi. Più in generale, Carlo, chi è il Facilitatore? Il facilitatore è una figura professionale che si inserisce in un progetto per favorire il raggiungimento di un accordo fra gli attori coinvolti, quando questo non si raggiunge spontaneamente. Per svolgere il suo compito, il professionista utilizza una “cassetta degli attrezzi” specifica per questa attività: il metodo partecipativo. L’obiettivo è estremamente variabile e dipende dal settore interessato, dalla natura del progetto, dagli attori coinvolti, ecc. A titolo di esempio, si possono citare: la condivisione delle azioni di un programma di sviluppo territoriale, la creazione di reti fra operatori pubblici o privati, la condivisione delle strategie di sviluppo di un territorio, la condivisione nella realizzazione di un’opera pubblica, ecc. Per questo motivo non essendo assimilabile alla figura dell’arbitro che applica regole di condotta ma che non è interessato all’esito del confronto, il facilitatore è attivo nel raggiungimento dell’accordo fra le parti. L’imparzialità del facilitatore quindi non attiene tanto al risultato (l’accordo) ma al fatto che non deve avere un vantaggio o una preferenza personale nel favorire una delle parti in gioco. Per il PIL perché è importante la figura del facilitatore? Il PIL nella Regione Marche consente un ampio utilizzo della figura del facilitatore in tutti i momenti della programmazione: dalla fase iniziale di ideazione, passando per la fase di stesura del progetto, fino alla valutazione e rendicontazione. L’idea di utilizzare il metodo partecipativo in tutte le fasi del processo non è concettualmente nuova, ma raramente applicata nella programmazione nazionale. Si apre quindi un interessante laboratorio per l’utilizzo di questa figura e del metodo partecipativo anche in ambiti spesso trascurati dalla programmazione come la valutazione e la rendicontazione. In quali altri contesti può essere importante la sua presenza? Il facilitatore, nella mia concezione, è portatore del metodo partecipativo per la soluzione dei conflitti che impediscono lo sviluppo del territorio. I conflitti che impediscono il raggiungimento di obiettivi vantaggiosi per ogni raggruppamento umano si possono manifestare in tutti i contesti economici e sociali. Ogni volta che un decisore pubblico o privato non riesce a realizzare un progetto per la conflittualità fra le parti in gioco, il facilitatore può aiutare a risolvere il problema. Naturalmente non si tratta di una figura con poteri soprannaturali, per cui alla base dell’attività ci devono essere obiettivi validi e trasparenti.Quale formazione ed esperienza si richiede affinché possa svolgere efficacemente il suo ruolo?Il facilitatore deve conoscere le modalità di programmazione secondo gli standard europei. Quindi, è necessaria una formazione di project management. Nello specifico, il facilitatore è portatore del metodo partecipativo. Quindi il facilitatore deve conoscere questi metodi e averli applicati. Sotto questo profilo, vi sono corsi che certificano la conoscenza di specifiche metodologie (GOPP, Metaplan, etc...) o altri che affrontano il tema in maniera più aperta ragionando sui vari metodi. Si tratta comunque di un approccio al lavoro che si forma con l’impegno e l’esperienza. Naturalmente rimane la necessità di specializzarsi in ambiti coerenti con la propria formazione generale. La conoscenza dell’ambito in cui si opera è fondamentale per una buona gestione del metodo partecipativo. I tempi sono maturi per poterne apprezzare l’importanza. Il facilitatore applica il metodo partecipativo. Quindi la domanda si sposta sull’utilità del metodo. Se applicato correttamente risolve i problemi, altrimenti li complica. Molta della sfiducia che si registra sul metodo (e quindi sulla figura del facilitatore) è frutto di tanti fallimenti dovuti alla gestione scorretta del processo. Una maggiore conoscenza del metodo aiuterebbe i decisori a capire quando avvalersi del facilitatore e come selezionare il professionista più adatto. La Regione Marche, di recente, ha approvato l’elenco regionale dei Facilitatori PIL (http://bit.ly/2sFDAXe) che, dopo essere stati debitamente formati, andranno ad assolvere presto questo importante ruolo nello sviluppo rurale. da Alberto Di Capua - Destination Learning Marche |
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