NEWS ISTITUZIONALI
COORDINAMENTO REGIONALE DEI GAL DELLE MARCHE
I GAL DELLE MARCHE, IL TERREMOTO, LA RINASCITA DELLE AREE RURALI:
UNA PROPOSTA.
Serra Sant’Abbondio (Abazia di Fonte Avellana), lì 1° agosto 2017
Gli eventi sismici che hanno colpito gran parte delle Marche nell’agosto-ottobre 2016 determinano la necessità di aggiornare l’agenda delle politiche di sviluppo territoriale, così come emerso con chiarezza nei recenti incontri di Fabriano e Treia dove si è evidenziata la opportunità di valutare il ruolo dei GAL nella ‘governance’ dello sviluppo locale e la necessità di elaborare una visione strategica che vada oltre le problematiche del contingente e affronti la prospettiva di medio-lungo termine in modo continuato tra aree di crisi ed intero territorio regionale.
In tale contesto, anche la programmazione dei GAL elaborata ai sensi della Misura 19 del PSR 2014-2020 in precedenza agli eventi di agosto-ottobre 2016 sopra richiamati, richiede uno sforzo di adeguamento alle mutate, sopravvenute e maggiori esigenze espresse dalle istituzioni locali e dal sistema produttivo in particolare di quell’ampio territorio regionale definito come “il cratere”.
Per questa semplice considerazione, i GAL delle Marche, tenuto conto del capitale relazionale che negli anni hanno accumulato nei confronti delle istituzioni locali e delle piccole imprese agricole ed extra-agricole, si rendono disponibili a partecipare al processo di riprogrammazione delle risorse, a valere non solo sul FEASR ma anche, in una logica di intervento integrato, su FESR e FSE.
Già nei Piani di Sviluppo Locale (PSL), approvati dalla Regione negli anni 2015-2016, i GAL stanno sperimentando ed attivando una modalità innovativa di programmazione locale degli investimenti, fondata sulla integrazione tra pubblico e privato: è la strategia dei Progetti Integrati Locali (PIL), finalizzata all’esaltazione delle potenzialità del capitale territoriale (patrimonio naturale e culturale, energia sociale della popolazione, sistemi produttivi locali agricoli, turistici, manifatturieri), facendo leva sulla partecipazione diretta delle istituzioni, delle imprese e dei cittadini a tutte le fasi del progetto:dalla definizione delle strategie, alla attuazione degli interventi, fino alla valutazione finale dei risultati ottenuti rispetto alle attese iniziali.
Questa modalità innovativa, nella attuale fase post-emergenziale che caratterizza in particolare l’area del “cratere”, è ora in grado - a nostro avviso - di rafforzare l’efficacia e l’impatto socio-economico dei fondi comunitari, favorendo le sinergie tra il FEASR, nel cui ambito operano i GAL, e gli altri fondi strutturali FESR e FSE.
Si propone, dunque, di implementare e rafforzare l'approccio di scala sovracomunale – ora in via di sperimentazione/attuazione - grazie allo strumento PIL, facendolo evolvere in uno strumento per la definizione di una pianificazione e programmazione integrata d’area, di iniziativa congiunta tra soggetti pubblici (in primis i Comuni) e le forze economiche e sociali del territorio, finalizzato a sostenere la rigenerazione e la rivitalizzazione dei territori, a cominciare da quelli del “cratere”, avendo a mente, dal punto di vista normativo, l’art. 20, c.1, punto a) del Reg. UE n. 1305/2013 che prevede il sostegno per la stesura e l'aggiornamento di Piani di Sviluppo dei Comuni situati nelle zone rurali e dei servizi comunali di base.
Tali Piani di Sviluppo, su base intercomunale e aventi riferimento ai bacini di utenza dei servizi, potranno avere un carattere programmatico-operativo e di pianificazione territoriale e saranno finalizzati a delineare le strategie generali e l’insieme delle attività, degli interventi, dei progetti e dei programmi compatibili e coerenti con la ricostruzione post-sisma, che i Comuni – d’intesa con altri soggetti pubblici e privati – intendono attivare per promuovere uno sviluppo di qualità degli ambiti urbani e rurali, con priorità alla rivitalizzazione delle funzioni economiche e sociali del territorio.
In tale ottica i GAL, concertandone contenuti e modalità con l'AdG PSR, potrebbero inserire nei loro PSL una specifica Misura per il sostegno finanziario (al 100%) a tali attività di programmazione integrata e pianificazione territoriale, mettendo a punto criteri di ammissibilità e di selezione delle proposte elaborate da raggruppamenti di Comuni, che garantiscano l'alto profilo professionale e scientifico dei gruppi interdisciplinari di progettazione incaricati e l'approccio realmente integrato e coerente con i diversi contesti locali ed i criteri condivisi di ottimizzazione dei servizi e delle dotazioni infrastrutturali.
I GAL, infine, oltre ad apprestare il sostegno finanziario ed a svolgere le funzioni istituzionali di sorveglianza e controllo, potranno altresì mettere a disposizione le loro competenze in materia di animazione territoriale, il loro capitale relazionale, la loro esperienza diprogrammazione dal basso per facilitare i processi di aggregazione ed accompagnare quelli partecipativi che saranno attivati in ogni ambito intercomunale, al fine di una piena condivisione della programmazione, delle sue scelte strategiche, dei suoi percorsi e dei suoi obiettivi.
Tutto ciò al solo fine di utilizzare al massimo ogni energia disponibile a partecipare allo sforzo per il superamento del trauma sisma, per la più sollecita ed efficiente ricostruzione materiale, il ripristino di condizioni di vita “normali” basate su una prospettiva reale di “rinascita” e sviluppo endogeno delle aree rurali.
ASSOGAL-MARCHE Coordinamento regionale dei GAL delle Marche
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Si comunica che la Regione Marche, con Deliberazione della Giunta n. 534 del 29.5.2017 ha modificato la DGR n. 217/2017 concernente "Reg. UE 1305/2013 - Programma di Sviluppo Rurale della Regione Marche - Misura 16.7 - Supporto per le strategie di Sviluppo locale non CLLD - Adeguamento Linee guida approvate con DGR 217/2017".
Più PIL per tutti. Non si tratta della celebre promessa di Cetto la Qualunque ai suoi potenziali elettori, né dell’altrettanto celebre indicatore della crescita di una nazione, bensì di una cosa ancora poco conosciuta, ma decisamente importante ed innovativa sul fronte delle reti pubblico/private. I Progetti integrati locali (PIL), creature della nuova programmazione comunitaria 2014/2020, sono stati inseriti nel nuovo Programma di Sviluppo Rurale delle Marche per esaltare il principio di sviluppo condiviso e partecipato delle zone rurali. In particolare, saranno utili a favorire la condivisione di obiettivi comuni da parte delle pubbliche amministrazioni di un determinato ambito territoriale; a garantire un ruolo fondamentale ai cittadini, alle imprese e alle forme associative; ad incoraggiare una programmazione finalizzata, basata sulla coerenza dell’analisi dei fabbisogni con le relative strategie d’intervento.Questi Progetti sul territorio dovranno essere ancora costruiti (Bandi) ma l’impegno della Regione e dei 6 Gruppi di Azione Locale per giungere a questo traguardo è stato forte. L’anno scorso sono state fatte decine d’incontri di sensibilizzazione ed ascolto d’istituzioni, imprese e cittadini, tesi alla raccolta di informazioni inerenti ai punti di forza e di debolezza del contesto attualeprogrammazione finalizzata, basata sulla coerenza dell’analisi dei fabbisogni con le relative strategie d’intervento., permettendo così di definire una strategia condivisa di Sviluppo Locale (PSL) su tre ambiti: sviluppo dell’occupazione tramite il sostegno alle imprese ed i sistemi produttivi locali; la valorizzazione del territorio e dei suoi tematismi (ambientali, culturali, paesaggistici, manifatturieri) con finalità legate alla preservazione ed all’accoglienza; il miglioramento della qualità della vita delle comunità locali e dei relativi servizi.
Nella Valli del Misa e del Nevola insistono due GAL: Esino Frasassi (Ostra, Ostra Vetere, Barbara, Arcevia e Serra de’ Conti); Flaminia Cesano (Trecastelli e Corinaldo). La dotazione finanziaria regionale complessiva 2014/2020 è di 60 milioni di euro distribuiti fra sei GAL.
Come si progetta un PIL? Intanto, è necessaria una dimensione minima (almeno tre Comuni) sufficiente a raggiungere una massa critica di risorse umane e finanziarie da impiegare efficacemente nel progetto; ed una dimensione massima (max 500 Km² e 35.000 abitanti), che renda possibile una partecipazione reale e proficua dei cittadini e delle imprese del territorio alla progettazione, attuazione e monitoraggio dell’iniziativa.
Si rende necessaria poi un’analisi dell’area prescelta (SWOT), interrogandosi su quali siano i punti di forza e di debolezza (fattori interni) e le minacce e le opportunità (fattori esterni) per quel territorio. Successivamente, si collegano i fabbisogni derivanti da problemi, carenze, disagi, disservizi, sprechi a specifici gruppi di cittadini, nell’interesse dei quali si realizza il PIL. Dalla lista dei fabbisogni se ne sceglieranno alcuni che tradotti in obiettivi concreti, misurabili e raggiungibili (Piano Azione) dovranno soddisfare esigenze di natura economica o sociale. Facciamo qualche esempio:
- obiettivo di natura economica: aumento dell’occupazione nell’ambito della valorizzazione delle risorse ambientali e naturali; oppure, aumento dell’occupazione nell’ambito del turismo sostenibile basato sulla valorizzazione del territorio e dei suoi tematismi ambientali, culturali, paesaggistici;
- obiettivo di natura sociale: aumento del numero di cittadini che hanno accesso ai servizi pubblici nuovi o migliorati.
Insomma il PIL rappresenta veramente una grande opportunità per il contesto rurale a rischio di abbandono e di spopolamento a favore dei comuni rivieraschi. La strategia che è alla base è molto sfidante, perché poggia sulla partnership locale tra enti pubblici, soggetti privati e rappresentanti della società civile. In queste aree verrà praticato il metodo della programmazione dal basso o bottom up secondo la metodologia LEADER (Liaison entre Actions du Developpement de l’Economique Rurale).
da Alberto Di Capua
www.viveresenigallia.it
Intervista sulla figura del “Facilitatore dei PIL
In un servizio precedente avevamo parlato di PIL (Progetti Integrati Locali), creature della nuova programmazione comunitaria che sono stati inserite nel nuovo Programma di Sviluppo Rurale delle Marche per esaltare il principio di sviluppo condiviso e partecipato delle zone rurali. Figura strategica del PIL è il Facilitatore, del quale parliamo con Carlo Montisci, Destination Manager, esperto in metodologie e processi partecipativi. Più in generale, Carlo, chi è il Facilitatore? Il facilitatore è una figura professionale che si inserisce in un progetto per favorire il raggiungimento di un accordo fra gli attori coinvolti, quando questo non si raggiunge spontaneamente. Per svolgere il suo compito, il professionista utilizza una “cassetta degli attrezzi” specifica per questa attività: il metodo partecipativo. L’obiettivo è estremamente variabile e dipende dal settore interessato, dalla natura del progetto, dagli attori coinvolti, ecc. A titolo di esempio, si possono citare: la condivisione delle azioni di un programma di sviluppo territoriale, la creazione di reti fra operatori pubblici o privati, la condivisione delle strategie di sviluppo di un territorio, la condivisione nella realizzazione di un’opera pubblica, ecc. Per questo motivo non essendo assimilabile alla figura dell’arbitro che applica regole di condotta ma che non è interessato all’esito del confronto, il facilitatore è attivo nel raggiungimento dell’accordo fra le parti. L’imparzialità del facilitatore quindi non attiene tanto al risultato (l’accordo) ma al fatto che non deve avere un vantaggio o una preferenza personale nel favorire una delle parti in gioco. Per il PIL perché è importante la figura del facilitatore?
Il PIL nella Regione Marche consente un ampio utilizzo della figura del facilitatore in tutti i momenti della programmazione: dalla fase iniziale di ideazione, passando per la fase di stesura del progetto, fino alla valutazione e rendicontazione. L’idea di utilizzare il metodo partecipativo in tutte le fasi del processo non è concettualmente nuova, ma raramente applicata nella programmazione nazionale. Si apre quindi un interessante laboratorio per l’utilizzo di questa figura e del metodo partecipativo anche in ambiti spesso trascurati dalla programmazione come la valutazione e la rendicontazione.
In quali altri contesti può essere importante la sua presenza? Il facilitatore, nella mia concezione, è portatore del metodo partecipativo per la soluzione dei conflitti che impediscono lo sviluppo del territorio. I conflitti che impediscono il raggiungimento di obiettivi vantaggiosi per ogni raggruppamento umano si possono manifestare in tutti i contesti economici e sociali. Ogni volta che un decisore pubblico o privato non riesce a realizzare un progetto per la conflittualità fra le parti in gioco, il facilitatore può aiutare a risolvere il problema. Naturalmente non si tratta di una figura con poteri soprannaturali, per cui alla base dell’attività ci devono essere obiettivi validi e trasparenti.Quale formazione ed esperienza si richiede affinché possa svolgere efficacemente il suo ruolo?Il facilitatore deve conoscere le modalità di programmazione secondo gli standard europei. Quindi, è necessaria una formazione di project management. Nello specifico, il facilitatore è portatore del metodo partecipativo. Quindi il facilitatore deve conoscere questi metodi e averli applicati. Sotto questo profilo, vi sono corsi che certificano la conoscenza di specifiche metodologie (GOPP, Metaplan, etc...) o altri che affrontano il tema in maniera più aperta ragionando sui vari metodi. Si tratta comunque di un approccio al lavoro che si forma con l’impegno e l’esperienza. Naturalmente rimane la necessità di specializzarsi in ambiti coerenti con la propria formazione generale. La conoscenza dell’ambito in cui si opera è fondamentale per una buona gestione del metodo partecipativo. I tempi sono maturi per poterne apprezzare l’importanza. Il facilitatore applica il metodo partecipativo. Quindi la domanda si sposta sull’utilità del metodo. Se applicato correttamente risolve i problemi, altrimenti li complica. Molta della sfiducia che si registra sul metodo (e quindi sulla figura del facilitatore) è frutto di tanti fallimenti dovuti alla gestione scorretta del processo. Una maggiore conoscenza del metodo aiuterebbe i decisori a capire quando avvalersi del facilitatore e come selezionare il professionista più adatto. La Regione Marche, di recente, ha approvato l’elenco regionale dei Facilitatori PIL (http://bit.ly/2sFDAXe) che, dopo essere stati debitamente formati, andranno ad assolvere presto questo importante ruolo nello sviluppo rurale.
da Alberto Di Capua - Destination Learning Marche